Ha fatto tanto discutere ieri il tweet dolceamaro del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il suo buongiorno con pane e nutella (anche se in realtà quella nella foto somigliava di più ad una fetta biscottata) è stato giudicato da molti come inopportuno, sgradevole, addirittura sprezzante nei confronti di chi nella festività del protomartire Santo Stefano non ha avuto, diversamente da lui, un bellissimo e dolcissimo risveglio. Il pensiero non può non andare a Catania, dove un terremoto di magnitudo 4.8 ha provocato grande paura tra la popolazione (ci sono stati feriti e numerosi sono gli sfollati) e ingenti danni (sono quasi duemila le segnalazioni giunte ai sette comuni pedemontani maggiormente interessati dal sisma). E come non essere con il cuore anche a Pesaro, teatro di un regolamento di conti di stampo mafioso. Giornate difficili e violente, per cause naturali e umane.
Chissà quanti altri risvegli faticosi ci saranno stati! Non solo ieri, ma anche il 25 dicembre, nel corso di quest’anno come degli anni precedenti. Queste fatiche, rappresentabili in diversi modi, non hanno impedito a nessun internauta di postare foto di lauti banchetti o cene nel periodo in cui l’Istat ha pubblicato i dati sulla povertà in Italia, oppure, collage di immagini raffiguranti il proprio team di lavoro, all’indomani della divulgazione delle statistiche riguardanti la disoccupazione giovanile e non solo. Per non parlare dei tanti anniversari importanti per la nostra Storia, caduti nel dimenticatoio e non più menzionabili.
Un ministro è un ministro, è vero. E’ vero anche che abbiamo ben compreso quanto sia faticoso per Matteo Salvini ricoprire un incarico delicato com’è quello affidatogli. Ma noi? Siamo forse meno responsabili nei confronti di chi è nella prova o esentati dall’avere tatto o dal decidere se in un determinato momento sia opportuno o meno dire o fare qualcosa? Questo non vuol dire smettere di ridere, di condividere o di godere delle opportunità che abbiamo, quasi che la nostra felicità o serenità debba essere vissuta come una colpa. Non vuol dire neppure essere ipocriti a tal punto da stracciarci le vesti per comportamenti superficiali che, a volte, sono anche un po’ i nostri.
Non dimentichiamo che la classe politica è lo specchio della società. Proprio per questo il paragone messo in campo, che a molti potrà sembrare ingiusto, se non addiruttura errato, ha in questo dato un fondamento, a mio avviso, non trascurabile.