“Il padrone sa 1000 parole, tu ne sai 100; ecco perché lui è il padrone”, diceva don Lorenzo Milani. Una frase che trasuda ingiustizia, che rimanda ad un rapporto impari, generatore di sopruso e sofferenza.
La vicenda attuale del rider, licenziato per aver chiesto qualche giorno di ferie per motivi di pura solidarietà, come portare sollievo alla popolazione emiliana colpita dalla terribile alluvione, potrebbe indurci a pensare che oggi il rapporto tra le parti si sia capovolto: il padrone oggi sa 100 parole, mentre il lavoratore dipendente ne sa 1000. Il suo vocabolario è composto da parole che vanno oltre il profitto e il guadagno, oltre la paura di perdere il lavoro se in gioco c’è la solidarietà di una comunità di persone.
Sulla bilancia, però, il rapporto tra le parti in causa sembra tendere comunque dalla parte del “padrone”. Vedi il licenziamento del rider, che comunque potrà essere impugnato.
Se spostiamo lo sguardo dal mondo del lavoro alla società, alla realtà politica, ci accorgiamo che possedere un vocabolario di parole e di esperienze limitato può causare conseguenze gravissime. Esempio eclatante la infelicissima espressione “pizzo di Stato”, di cui si è resa autrice la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Nessuno ha travisato quelle parole. C’è un audio e il volume della tracotanza è al massimo.
Provi a cambiare le regole, semmai. Non imbratti le istituzioni con volgarità. Vestirsi di bianco non basta per essere innocenti ed immacolati. È sempre il cuore che parla. Il cuore non mente.
Una volta si parlava di ragion di Stato, tutt’al più, benché sul suo altare si continui ancora oggi a sacrificare verità che probabilmente rimarranno in silenzio per molto tempo ancora. Il pizzo di Stato mancava all’ appello e poteva essere coniato solo da chi sa godere nel vedere prone folle di aspiranti sudditi.
Il punto, comunque, è che oggi non c’è più in primo piano un rapporto tra le parole, quali portatrici di istanze motivate e giuste. Non importa se io dispongo di 100 e tu di 1000 o viceversa. La partita si gioca tra sentimenti, spesso i più brutali, che pescano nel vocabolario di un cuore reso sterile da egoismo e vanagloria, parole ad effetto, ma non vincenti ed efficaci.
Non è un problema di Destra o di Sinistra. È un problema di responsabilità. Se l’uomo, ancor prima di parlare alle folle, in pubblico o via webcam, imparasse a parlare con se stesso, a confrontarsi con la verità che è in lui, che gli bisbiglia ogniqualvolta sfreccia verso il baratro dell’inconcludenza, forse potrebbe invertire la marcia.
Il potere per il potere è insopportabile. In questo spazio è in gioco la responsabilità di ognuno di noi.