L’interrogativo “Che ne sai tu della scuola?” potrebbe sintetizzare gli interventi pubblici che si sono succeduti in questi giorni sul tema, che tuttora animano il dibattito.
Cosa significa per gli insegnanti stare a scuola con queste nuove regole? Che nei sai dei disagi causati ai bambini più piccoli? Ai più fragili? Che ne sai tu di una scuola che non frequenterai? Dei banchi che mancano?
Interventi pubblici provenienti da più parti: politici, famiglie, associazioni, Presidenti di Regione, internauti e chi più ne ha più ne metta.
La stessa domanda, quel “Che ne sai tu della scuola?”, potrebbe essere rivolta anche a noi dai bambini africani, che certamente non godono di tutti i mezzi a nostra disposizione, anche tecnologici, per studiare. La loro domanda ci giunge sulle ali di un sorriso e non certo attraverso il vento della rabbia e dell’ impazienza.
È buon segno che intorno al tema della scuola ci sia un dibattito vivace. Il punto è stabilire se questa vivacità sia la traduzione di uno spirito costruttivo, volto in sostanza al discernimento e al miglioramento della condizioni richieste per scongiurare la diffusione del Coronavirus.
C’è di mezzo l’istruzione e soprattutto la vita.
Immaginiamo di essere di fronte ad una torta divisa in più parti. La torta rappresenta la scuola e ciascuna fetta la posizione delle diverse realtà che si stanno pronunciando. Questa divisione in più parti, ognuna delle quali rivendicata da una istituzione diversa, non aiuta a guardare il problema nella sua interezza e complessità. E’ come assistere allo smembramento di un corpo. Probabilmente è quello che in effetti, ancora prima del Covid, è successo alla scuola, a seguito delle diverse riforme che l’hanno interessata.
È innegabile che la scuola di oggi debba affrontare sfide diverse e ben più complicate di quelle di ieri, sia nella forma che nella sostanza. Proprio per questo, ora più che mai, non servono le strumentalizzazioni e le divisioni.