Per la prossima Legislatura Confindustria ha individuato tre mission per un progetto che possa rimettere al centro dell’agenda politica la questione industriale: lavoro, crescita e riduzione del debito. Per l’esattezza: tre mission per tre attori per sei assi proritari.
Tre mission: un’Italia che include e che consente pià lavoro per i giovani; un’ Italia che cresce di più e in modo costante; un’Italia che rassicura, con il graduale rientro del debito pubblico.
Tre attori: le imprese, l’Europa, la politica nazionale.
Sei assi prioritari: un’Italia più semplice ed efficiente, preparazione al futuro, un Paese sostenibile, l’impresa che cambia e si muove nel mondo, fisco a supporto di investimenti e crescita, Europa come miglior luogo per fare impresa.
Il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (nella foto), ha dichiarato che “su questa piattaforma apriremo un confronto con il nuovo Governo. Non siamo contro nessuno ma tifiamo per l’Italia: vorremmo che il nostro piano di medio termine fosse oggetto di dibattito con i partiti che si candidano alla guida del Paese”.
Siamo ormai agli sgoccioli e tra qualche giorno saremo chiamati ad esprimere il nostro voto. L’Assise di Confindustria si è conclusa da poco e sarebbe importante chiedersi quando le tre mission proposte possano essere oggetto di dibattito. In questo particolare momento storico, poi, sarebbe interessante domandarsi cosa si intende con il termine impresa, se tutti gli imprenditori che vogliono fare impresa hanno davvero a cuore il Paese e non solo il profitto, se molti di questi attori comprendono la vastità del percorso tracciato da Confindustria e sono adeguatamente formati per immergervisi e diventarne parte.
Uno degli assi prioritari focalizzati da Confindustria è “l’ impresa che cambia e che si muove nel mondo del lavoro accettando di aprire il capitale, di assumere competenze innovative, magari tra loro distanti per formazione o esperienza, di diventare eccellenti in ogni funzione aziendale, di affacciarsi su nuovi mercati”.
Secondo Confindustria “spetta alla politica individuare meccanismi di accelerazione dei cambiamenti per incentivarli e premiare le imprese virtuose che rischiano nella trasformazione. Un processo che genera esternalità positive con ricadute non solo sulla singola impresa e dei suoi dipendenti ma sull’intera collettività ”.
Già solo questo punto mette in evidenza come ci sia una doppia responsabilità : quella dell’imprenditore e quella della politica. Un passaggio delicato e cruciale, nel quale è chiara la via da intraprendere nel nostro Paese per una crescita che non sia solo economica. Non possiamo chiedere senza dare. Le imprese chiedono, com’è giusto che sia, ma le imprese devono anche dare, testimoniare di volere e di impegnarsi davvero affinchè il loro sviluppo significhi anche crescita per il nostro Paese.
Non è un problema di poco conto e, soprattutto, non può e non deve essere solo la politica a risolverlo.