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venerdì, Settembre 13, 2024

Ricostruire

Recentemente, durante una delle mie notti insonni, ho seguito con attenzione una trasmissione televisiva nella quale veniva documentato il processo di ricostruzione in Italia, subito dopo il secondo conflitto mondiale. Case distrutte, gente in lacrime, volti impauriti, bambini letteralmente attaccati alle gonne delle mamme, impegnate, a loro volta, a cullare tra le loro braccia altri figli ancora in fasce. Un quadro certamente triste ma dal quale non trapelava alcuna disperazione o rassegnazione. Nonostante l’orrore della guerra, tutto era ancora possibile, era possibile ricostruire, doveva esserlo per forza.

Quei volti raccontavano di gente che silenziosamente desiderava ricostruire quanto distrutto, porre nuove fondamenta sopra le macerie, un mattone dopo l’altro per riemergere dall’orrore della guerra, come dicevo, e vivere un presente fatto di normalità, di cose semplici, vere, sotto il sole o sotto la luna, purché sotto un cielo non attraversato da aerei, missili o bombe.

Guardando oggi le nostre città, il nostro Paese, è evidente che quei fratelli ce l’hanno fatta a ricostruire, a ricominciare. Nonostante i problemi che oggi viviamo, infatti, possiamo dire di essere arrivati fin qui grazie anche a chi ha messo mano alla ricostruzione.

Mentre osservavo quelle macerie mi sono detta: è possibile, non facile, e ancor meno poco doloroso, ricostruire quando intorno a noi ci sono spazi nuovi, ossia, quando ciò che esisteva in precedenza non esiste più; è quasi impossibile, invece, ricostruire quando ciò che non funziona rimane comunque in piedi ed è sempre e inutilmente ingombrante. Il riferimento è all’edificio della burocrazia soffocante. Probabilmente la madre di tutte le battaglie e, allo stesso tempo, la battaglia più dimenticata.

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