La vicenda del prof. Aiello, la notizia di un componente della sua famiglia che imbarazzerebbe il candidato del M5S alla Regione Calabria, ripropone una domanda che non può più essere ignorata: crediamo sì o no nel riscatto sociale?
Il legame parentale con chi ha commesso reati, gravi o piccoli, è quasi sempre un elemento di discredito per la persona interessata.
Facciamo un esempio: una persona che si è realizzata professionalmente, che ha raggiunto sani obiettivi ma ha legami familiari pericolosi, per l’immaginario collettivo è quasi sempre una longa manus del male.
L’ affermazione di successo nella società non viene affatto percepita come una inversione di corso, come espressione del bene che si è sganciato dal male. E’ come se il bene non potesse, per principio, avere la meglio sul male. Va da sè che questo principio è abbastanza pericoloso, perchè affossa ogni proposito di speranza.
È pur vero che il cambio di pelle della ndrangheta, la sua infiltrazione nella società, grazie ad un nuovo volto e ad un nuovo abito, porta a credere maggiormente alla ipotesi di successo del male sul bene, ma allora la domanda diventa un’altra: può il sospetto avere sempre il sopravvento su tutto? D’accordo, anzi d’accordissimo essere prudenti, ma dare campo libero al sospetto, perchè?
Crediamo o non crediamo nel riscatto sociale?