A fine luglio sono state pubblicate le anticipazioni del Rapporto SVIMEZ 2016 sull’economia del Mezzogiorno, un testo di 34 pagine, denso di numerosi dati di cui discutere e di cui occuparsi. Nel dibattito pubblico, soprattutto politico, l’attenzione si è concentrata particolarmente (se non esclusivamente) sui dati dell’occupazione e della disoccupazione. Tutti a gioire per un Sud che riparte, tutti a inveire contro i cosiddetti gufi che si ostinano a non voler capire che il “campo dei miracoli” esiste davvero. Altro che Pinocchio, il gatto e la volpe!
Attraverso la lettura integrale delle anticipazioni SVIMEZ 2016 è facile intuire quanto l’entusiamo dei giorni scorsi, riconducibile ai dati trasmessi, sia solo parzialmente giustificabile. I margini di crescita del Sud, infatti, non sono il prodotto durevole di interventi strutturali, bensì conseguenza di misure transitorie e congiunture favorevoli che non è dato sapere se si verificheranno nuovamente nel futuro.
Un dato deve essere subito chiaro: se nel dibattito pubblico, soprattutto politico, non c’è posto per i cosiddetti gufi, al tempo stesso non c’è posto per chi fa pura propaganda. Vediamo perchè, attraverso la sintesi di alcuni nodi problematici posti in evidenza nel Rapporto:
- Il risultato per molti versi eccezionale raggiunto nel 2015 ha solo in misura molto parziale ridotto il depauperamento del Mezzogiorno e il suo potenziale produttivo causato dalla crisi e segnalato nei precenti rapporti Svimez. La forte riduzione degli investimenti ha diminuito la sua capacità industriale che, non essendo rinnovata, perde nel tempo in competitività;
- l’aspetto che potrebbe garantire lo sviluppo del Mezzogiorno anche oltre la fase congiunturale, rivelatasi positiva, è legato agli effetti della spesa pubblica volta a sostenere direttamente la crescita, con infrastrutture e interventi mirati verso le imprese.
- Il ruolo delle politiche risulta decisivo per sostenere la ripresa dell’economia meridionale e consentirle di rimanere agganciata alla crescita del resto del Paese.
- nelle regioni meridionali, a fronte di un indubbio assottigliamento della base produttiva, non sembrano ravvisarsi segnali di un irrobustimento delle imprese più efficienti altrettanto forte come nel Centro-Nord.
- le imprese che grazie alle proprie capacità endogene riescono a crescere anche in tempo di crisi, devono comunque operare in un ambiente i cui tratti problematici ( per qualità delle istituzioni e della pubblica amministrazione, livelli e qualità dei beni pubblici, disponibilità di credito) possono limitarne fortemente le potenzialità.
Quelli elencati sono solo alcuni dei punti fondamentali che il Rapporto SVIMEZ mette in evidenza e ai quali non tanti hanno prestato molta attenzione. L’accento viene posto più volte sulla necessità di agire attraverso una politica industriale che non punti solamente a sostenere le eccellenze, ma che sia finalizzata a consolidare il sistema; a uno sviluppo dell’apparato industriale meridionale, anche attraverso l’attrazione di investimenti esterni all’area, attualmente frenata da una serie di fattori, tra cui la scarsa accessibilità ( in termini di posizionamento geografico e di disponibilità di infrastrutture e di servizi di trasporto e logistici), la rarefazione del tessuto imprenditoriale, la presenza della criminalità.
Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe purtroppo da esclamare, se non che SVIMEZ potrebbe diventare l’acronimo di “Serve Vera Inversione per il Mezzogiorno“.
Il Rapporto contiene tanti punti da esplorare: il mercato del lavoro, una ondata di “nuova” emigrazione, alcune perplessità circa il Ddl contro la povertà, la condizione e il rischio di povertà che non sono esclusivamente connessi al lavoro, la penalizzazione delle Università meridionali che ha contribuito a spingere i giovani in cerca di alta formazione ad una mobilità di necessità, e molto altro ancora.
Proprio per questo The Job Enquirer ospiterà nei prossimi giorni l’intervento di alcune figure competenti e autorevoli che aiuteranno ad approfondire il Rapporto SVIMEZ, per conoscere più da vicino la nostra realtà.