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sabato, Marzo 15, 2025

Licenziamenti individuali e collettivi: le storie di due padri

Ieri abbiamo provato a dimostrare quanto sia differente, in termini di supporto e di solidarietà, l’esperienza che vivono i destinatari di un provvedimento di licenziamento economico individuale e collettivo (leggi pure Licenziamenti individuali e collettivi: cosa cambia?). Lo abbiamo fatto lanciando delle domande, delle provocazioni, e tutto, come sempre, per provare a fare emergere l’essenza della vita delle persone dentro i problemi di cui comunemente si discute, lasciando fuori proprio i protagonisti. Per approfondire ancora di più la riflessione ci vengono in aiuto le storie di due padri, due esperienze di vita, la sola che possa bussare al cuore e destare la coscienza.

C’è Mario (ovviamente nome di fantasia), convocato dal proprio titolare, che riceve una lettera di licenziamento e che sa che a breve sarà senza un incarico di lavoro, mentre avrà sempre a carico una famiglia da mantenere e dei figli da far crescere dignitosamente. Che fare? Come condividere una simile notizia con i suoi cari? Come reagiranno i figli? Intanto la data di cessazione del contratto di lavoro arriva e Mario diventa l’ennesimo disoccupato. Mario proprio non ce la fa a condividere tutto questo con i suoi figli, ne parla con la moglie e insieme decidono, almeno per un po’ di tempo, di tenerli all’oscuro di tutto, per non turbare la loro quotidianità fatta di piccole cose, cose belle, come lo studio, i giochi, le serate in pizzeria con i genitori, i viaggi e tanto altro ancora.

Come fare, però, a non far trapelare la tristezza e la paura che un cambio così netto nella propria vita può provocare? Mario decide, come ogni mattina, di uscire di casa sempre allo stesso orario, ben vestito, di accompagnare i figli a scuola, promettendo di andarli a riprendere all’uscita dal lavoro. Mario e la moglie non sanno per quanto tempo potranno tenere in piedi un simile racconto, che è lungi dall’essere finzione o banale tentativo di far crescere i figli dentro una campana di vetro, lontani dalle prove della vita. E’ semplicemente una parentesi necessaria per avere il tempo di metabolizzare un impatto di vita così crudo e crudele senza scaricare sui figli ansie e paure, nell’attesa che nuove prospettive di impiego si delineino all’orizzonte.

E poi c’è Antonio (anche questo nome di fantasia), che riceve insieme ai suoi colleghi di lavoro una lettera di licenziamento. La squadra, dopo un primo momento di smarrimento, si riunisce e decide che non può accettare quella sentenza. Sceglie di scendere in campo per gridare al mondo intero che il diritto al lavoro non può essere calpestato come una foglia secca d’autunno. Antonio e i suoi colleghi vogliono manifestare, lo fanno, scendono in piazza e decidono di mostrarsi alla società tutta con i loro figli, con chi patirà gli effetti del dramma che si prospetta nelle loro vite. Una presenza, quella dei figli, che non è strumentalizzazione, almeno non nelle intenzioni dei padri e delle madri presenti. Un’esperienza che, al di là di come la crisi aziendale potrà risolversi, avrà già segnato la vita di questi bambini, anche per aver assistito alla buona battaglia dei propri genitori.

Un giorno accade che Mario, il protagonista del primo racconto, mentre è imbottigliato nel traffico, in attesa di accompagnare i figli a scuola, osserva quel gruppo di lavoratori, tra cui c’è Antonio, che manifestano in piazza, insieme ai propri figli, per scongiurare la perdita del lavoro. Padri e madri con accanto politici, sindacalisti, rappresentanti delle istituzioni che solidarizzano con i loro problemi promettendo pubblicamente di farsene carico. Mario non può che voltarsi e guardare i suoi figli e pensare alla sua condizione.

In fondo la sua esperienza è identica a quella dei dipendenti che stanno apertamente manifestando, eppure, Mario, a motivo della “solitudine” e della qualità del procedimento che lo ha colpito, non può urlare la sua disperazione, la sua paura, almeno non per il momento, non in piazza. Si sente indifeso perchè si percepisce solo, perchè è un’isola, insieme a tante altre isole, distanti e distinte. Regala comunque un sorriso ai bambini e li saluta con la promessa di ogni giorno: “Papà viene a prendervi dopo il lavoro”.

Due padri, due storie che si sfiorano lungo la strada e che per strada lasciano i segni di battaglie uguali, seppur combattute ad armi impari.

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