Franco Fenoglio, Presidente Italscania e Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri), ha recentemente affermato che “nei prossimi cinque anni serviranno cinquemila meccanici automobilistici in Italia, ma le aziende non riescono a trovarli”.
Una bella notizia e una brutta, insomma. A fronte di una positiva possibilità di incrementare l’occupazione si registra la mancanza di competenze professionali specifiche, necessarie a soddisfare tale possibilità. Sembra proprio che nel nostro Paese non ci si riesca proprio a capire, a parlare la stessa lingua. Tutti abbiamo capito che è urgente crescere, ma è come se, allo stesso tempo, ognuno volesse crescere a modo suo.
Andare per la sua strada, studiare, investire sulla propria formazione, senza però porsi una sacrosanta domanda: di cosa c’è bisogno nel mio Paese? L’industria italiana verso quali traguardi muove? Ed io, facendo determinate scelte, sono consapevole che sarà più facile realizzarmi professionalmente in un luogo che non sarà la mia città? Alla luce di come volgono le cose è impossibile non porsi determinate domande. Una buona dose di sano realismo non guasta mai e sostiene i sogni.
Torniamo, però, al cuore del problema. Esistono nel nostro Paese delle scuole o dei corsi di formazione specifici per formare il meccanico automobilistico adatto alle officine 4.0? E’ sufficiente la proposta formativa degli Istituti tecnici e professionali? Su quali strumenti concreti si basa? Abbiamo docenti formati per formare, a loro volta, gli studenti alle sfide delle nuove professioni? Il progetto di alternanza Scuola – lavoro potrebbe essere una risposta alla ricerca delle aziende che faticano a trovare personale? Anche una indagine di Federmeccanica rivela che “il 48% delle aziende metalmeccaniche non riesce a reperire personale con le conoscenze necessarie. In particolare 20 imprese su 100 non trovano lavoratori con competenze professionali in tecnologie avanzate e digitali, mentre un altro 22% non trova lavoratori con competenze tecniche di base di tipo tradizionale.
Sempre Federmeccanica ritiene che la risposta a questo problema risieda nella incentivazione dell’alternanza scuola-lavoro e nell’apprendimento permanente.
Sulla validità del progetto di alternanza scuola-lavoro è stato detto molto, ma è innegabile che sia uno strumento validissimo, tanto più se costantemente migliorato. Uno dei passi compiuti dal MIUR in tal senso è stato il protocollo d’intesa siglato con ANPAL, l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro. Scopo dell’accordo, siglato nell’ottobre del 2017, con validità triennale, è “mettere a disposizione delle scuole dei tutor ANPAL esperti di mercato del lavoro che possano supportare i referenti scolastici dell’Alternanza, i tutor scolastici dell’Alternanza e Dirigenti Scolastici nell’implementazione dell’Alternanza. I tutor ANPAL, grazie alla loro conoscenza del territorio e del mondo produttivo locale, svolgeranno principalmente un’attività di supporto all’incontro tra domanda e offerta creando occasioni di conoscenza e incontro tra scuole e strutture ospitanti nonché nel facilitare l’interlocuzione tra le due parti”.
La parola tutor ricorda un po’ quella del navigator, con la differenza che i primi vengono definiti “esperti del mercato del lavoro”, seppure nel protocollo venga specificato che “La proposta vuole sostenere l’azione delle Scuole mediante la presenza costante di un esperto – il Tutor, facilitatore dell’Alternanza scuola-lavoro – che, adeguatamente selezionato e formato, sia in
grado di favorire e supportare l’implementazione dell’Alternanza Scuola-Lavoro. Non rimane che domandarsi, a margine del contributo, se un progetto simile a quello descritto nel protocollo MIUR-ANPAL, nel metodo e nelle relazioni (seppur prevedendo il coinvolgimento di istituzioni diverse), possa ancora essere adottato per semplificare e avviare l’orientamento al lavoro dei percettori del reddito di cittadinanza.