Il secondo giorno della 48ma Settimana Sociale dei cattolici italiani è stato caratterizzato soprattutto dai “tavoli di lavoro”. Dopo la riflessione biblica curata dall’economista Luigino Bruni, il dialogo tra il card. Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, e padre Francesco Occhetta, membro del Comitato scientifico e organizzatore, i partecipanti si sono messi in gioco nei gruppi di lavoro, guidati da animatori scelti ad hoc per questo passaggio importante, probabilmente il più cruciale della Settimana Sociale di Cagliari.
Tre le tematiche: “Il senso del lavoro umano e le sfide dell’innovazione”, “Creare nuove opportunità di lavoro e impresa”, “Giovani, scuola, formazione e lavoro”.
Come si saranno svolti i lavori? Avremo compiuto passi in avanti?
L’intervento in apertura dell’economista Leonardo Becchetti ha messo in luce come attraverso il progetto dei “Cercatori di lavOro” sono state individuate oltre 400 esperienze positive in tutta Italia, ma il dopo Cagliari, l’impronta che contraddistinguerà i passi futuri sarà data, è necessario ripeterlo, dal risultato dei lavori di ieri mattina.
Sul lavoro, sul lavoro dignitoso è stato detto molto, forse è stato detto tutto. Con le parole non abbiamo difficoltà, tutt’altro. Quello che manca è la concretezza, la capacità di mettere in azione quanto esprimiamo a voce con i sentimenti più alti e più nobili. Conoscere sin da adesso quale sarà il dato che ci verrà consegnato è cosa difficile, ma nell’attesa rimangono vive diverse speranze.
La speranza che non sia presente esclusivamente un richiamo alle responsabilità della politica in merito ai rimedi che servono per rendere il mondo del lavoro più vivibile, libero, creativo, partecipativo e solidale, così come invocato dal tema stesso della Settimana Sociale. Abbiamo riscontrato spesso come i diritti violati sul posto di lavoro non siano dovuti a leggi cattive, bensì ad una cattiva applicazione o, addirittura, ad una loro totale ignoranza. Non ci nascondiamo dietro un dito, non è possibile farlo.
La speranza di capire che per ottenere i cambiamenti che vogliamo, di cui necessita il nostro Paese, abbiamo bisogno di risorse, abbiamo bisogno di ritornare a produrre ricchezza. Come ricordato dal prof. Luca Diotallevi nell’intervista rilasciata a The Job Enquirer, “se vogliamo più lavoro, dobbiamo chiedere più impresa – innanzitutto – e poi più mercato, più ricerca, più finanza, più libertà di commercio”.
La speranza, dunque, che dai lavori di gruppo non emerga solo una lista di buoni propositi o un semplice richiamo ai doveri che ognuno di noi deve assolvere. Questi rappresentano il punto di partenza, la base sulla quale si fondano iniziative come quella della Settimana Sociale, ma non sono e non possono essere il risultato.