Governo, quanto manca alla vetta?
Essere o non essere giunti alla vetta, questo è il dilemma. O, forse, dovremmo dire che la questione vera è un’altra: essere o non essere all’altezza. Il Paese sta soffrendo molto e non da ieri o l’altro ieri.
Per un momento abbiamo pensato e sperato tutti che la pandemia potesse costituire il movente giusto per scrivere una pagina nuova per gli italiani, per gettare almeno le premesse del cambiamento da più parti auspicato, anche se soprattutto a parole.
Speranza infranta? Occasione persa? Non griderei alla disfatta.
Vero è che questo Governo sembra essere giunto al capolinea. È entrato in crisi semplicemente perché ha esaurito la sua funzione: accompagnare il Paese nella prima fase, quella del contenimento del virus. In un modo o nell’altro, con passi buoni e altri incerti, ha assolto un compito assolutamente non facile.
Adesso, però, siamo entrati in un’altra fase, altrettanto delicata, ma differente.
Il Governo in carica sta dimostrando, con ritardi e divisioni visibili a tutti, di non essere all’altezza del compito. Il riferimento non è alla competenza, anche se questa è da considerarsi sempre elemento primario quando si svolge un lavoro, qualsiasi esso sia.
Essere all’altezza ha oggi un significato che va oltre: significa la capacità di comprendere l’esatto stato o pantano in cui si trova il Paese. Raggiungere la vetta dà la possibilità di guardare la realtà circostante in modo più ampio, ma il Governo in carica non l’ha ancora raggiunta e non importa quanto manchi per raggiungerla. L’attesa è finita. Il tempo è scaduto.
I ritardi e le divisioni ci dicono che questo Governo non ha compreso affatto che il Paese sta morendo e pertanto non è all’altezza di traghettarlo verso la rinascita.
Un Governo di unità nazionale potrebbe essere l’alternativa? Magari a guida Draghi? Sì, io lo credo possibile e necessario.