Nel dibattito pubblico sono presenti le ragioni del sì e l’ invito all’ astensionismo.
Le ragioni del no non emergono perché il no ragionato, argomentato deve essere sostituito dal silenzio chiassoso di chi preferisce boicottare un appuntamento elettorale.
Questo gioco lo hanno fatto più o meno tutti, da destra a sinistra, passando anche per la Chiesa che, nel 2005, attraverso le parole del cardinale Ruini, allora Presidente della Cei, parlando ai cattolici, chiese di non andare a votare in occasione del referendum sulla fecondazione assistita. Il cardinale Ruini disse che “l’ astensione non è disimpegno”.
Al netto della tematica di allora, molto più sensibile di quelle che oggi sono oggetto di consultazione referendaria, io credo che il significato delle parole non cambi con il tempo, solo nel caso in cui, il trascorrere degli anni, non abbia mutato o minato le fondamenta della nostra democrazia, del nostro essere Repubblica democratica, fondata sul lavoro, la cui sovranità appartiene al popolo.
Se l’ astensione, oggi, non è considerata disimpegno, non so neppure di cosa parliamo quando, preoccupatissimi, lamentiamo il calo dell’ affluenza alle urne, della partecipazione. Va tutto bene, scusate…o no?
Il Presidente Mattarella non spreca un’ occasione per ribadire che la partecipazione è fondamentale per la salute della nostra democrazia.
Si partecipa con il non voto? Bene! Allora alle prossime politiche non ci lamentiamo se gran parte degli italiani sceglierà il non voto per partecipare ed esprimere dissenso o perché non crederà più nel cambiamento.
Cosa voglio dire?
C’è un tempo in cui le nostre parole rischiano di essere dei boomerang…e questo è certamente il tempo a cui mi riferisco.