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venerdì, Settembre 20, 2024

Articolo Uno: vino nuovo in otri nuovi?

Se è vero che una rondine non fa primavera, è altrettanto vero che la nascita di nuove associazioni, movimenti politici, partiti, non può non essere percepita come segno di vivacità sociale (non di frammentazione), a discapito di ogni ipotesi di rassegnazione nei confronti di quanto non sia funzionale al bene del Paese. Proprio ieri sera è stato presentato a Roma il simbolo di Articolo Uno, nuovo Movimento dei democratici progressisti, nato dall’incontro delle volontà e dell’impegno di alcuni politici, in precedenza appartenenti a partiti diversi: Roberto Speranza, Enrico Rossi, Arturo Scotto, Massimiliano Smeriglio, per citare alcuni nomi.

Il nuovo movimento politico ha assunto come principio guida l’articolo 1 della nostra Costituzione. Nel relativo manifesto dei valori leggiamo, infatti, che

“Il lavoro stabile e giustamente remunerato è la prima garanzia per un’equilibrata costruzione del sé e per un progetto di vita pienamente agito e realizzato. Per questo ci accorgiamo della sua importanza soprattutto quando non c’è. E il declino economico che ne consegue alimenta inevitabilmente anche un declino civile.  L’uguaglianza è la nostra bussola e una maggiore equità fiscale il nostro obiettivo. Combattere le disuguaglianze non è soltanto una richiesta di ordine morale che vuole affermare un elementare bisogno di giustizia, ma ha anche una sua natura e logica economica: se si allarga la forbice sociale si minano le condizioni stesse della crescita e quindi la possibilità di un’equa ridistribuzione dei profitti tra i cittadini. Nessuno si salva da solo e nessuno può stare davvero bene se gli altri stanno male: la dignità della persona e il rispetto della libertà di ogni singolo individuo sono dunque un principio basilare sia in campo morale e civile, sia in quello economico e sociale”.

Questo passaggio, come tutto il testo del manifesto, non può non incassare il consenso e, se vogliamo, la sottoscrizione, da parte degli altri attori politici, dei principi ivi racchiusi. Chi può dirsi contrario ad un lavoro remunerato nel rispetto dell’articolo 36 della nostra Costituzione? Chi può dirsi contrario alla giustizia sociale o ad una maggiore equità fiscale? Chi può negare che il declino economico alimenta inevitabilmente il declino civile?

Il punto è che sui principi e sui valori siamo tutti d’accordo. E’ “il fare” che crea frizioni, disaccordi e divisioni. Questo potrebbe apparire come un controsenso, perchè se sui principi e sui valori samo tutti d’accordo, se tendiamo tutti ad un obiettivo o ad obiettivi comuni, non possiamo perderci per strada o, addirittura, smarrirla.

Cosa succede, allora?

“Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo”, disse qualche anno fa Alfredo Reichlin, rilasciando un’intervista al quotidiano del lavoro Rassegna Sindacale. Sì, Reichlin, partigiano, uomo di sinistra, scomparso da poche ore, ricordato da più parti come un uomo che ha saputo, con il suo pensiero, coniugare diritti, lavoro e rinnovamento, riconosceva questa esigenza, alla quale dare compimento attraverso un maggiore dialogo, anche con la Chiesa. Partendo da questa esigenza, Reichlin affermava la necessità di un lavoro come attività che crea, che assicura la creatività dell’uomo e non, per usare le sue parole, la sua imbecillità.

Un lavoro che serva a ricostruire il Paese non ha, appunto, bisogno di intelligenza e creatività su tutti i fronti?

Un nuovo umanesimo significa, oggi, che tutti i nobili propositi potranno andare a buon fine se quei principi, quei valori, sui quali tutti convergiamo, saranno concretizzati attraverso un agire nuovo, creativo e realistico allo stesso tempo, assunto da persone rinnovate, che avranno troncato con crociate personali (o addirittura imposte da un guru) e clientele di potere, che sapranno dare il giusto significato alla parola “dialogo”.

Solo attraverso questa strada potremo avere vino nuovo in otri nuovi, per fare riferimento ad una frase evangelica.

L’ennesimo rattoppo, applicato ad un vestito vecchio, porterebbe solo ad un integrale disfacimento di ogni progetto, e tutto a danno del Paese.

 

 

 

 

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